Thursday 29 September 2011

Rastani e le scomode verita'

L'intervista fatta dalla BBC Alessio Rastani ha destato sgomento tra i commentatori economico-finanziari:


Ora si dice che Rastani non e' un vero trader e che le sue sono parole in liberta'. Ma lo sono davvero? Non e' forse vero che la recessione sta arrivando  e cancellera' i risparmi di milioni di persone?  E forse non sappiamo che in questo momento il mercato e' governato dalla paura, così come nel passato era l'entusiasmo irrazionale ad aver creato le bolle degli anni 90 e 2000? Sono gli "animal spirits" di Keynes!
Ugualmente, che l'Euro sia vicino al collasso è un'altra verità scomoda, ma pur sempre una verità. E Rastani aggiunge: l'unica cosa da non fare è stare con le mani in mano. A Bruxells dovrebbe ascoltarlo.

Poi ci sono le affermazioni più controverse. Non sono gli stati a governare ma Goldman Sachs, siamo nelle mani di una oligarchia finanziaria. Certo, discutibile, ma è la stessa tesi di Simon Johnson e James Kwak, che non sono proprio 2 marxisti arrabbiati. Che le grandi banche tengano i governi per la gola lo si è visto già nel 2007-08, che Goldman Sachs sia la Banca dove hanno lavorato tra gli altri Rubin (Ministro del Tesoro di Clinton), Paulson (Ministro del Tesoro di Bush) e Mario Draghi (che sta per diventare governatore della BCE) è noto a tutti i commentatori.
E pensiamo che sia solo Rastani ad andare a letto sognando la recessione e la possibilità di speculare per fare soldi? JK Galbraith, nel suo famoso saggio sulla crisi del' 29, aveva scritto: "The sense of responsibility in the financial community for the community as a whole is not small. It is nearly nil"
D'altronde, sfortunatamente, i mercati funzionano così. Per dirla con Keynes, nuovamente: il capitalismo è la stupefacente credenza secondo la quale i peggiori uomini farebbero le peggiori cose per il gran bene di tutti.
Ecco, appunto, solo una credenza.

Wednesday 28 September 2011

Tobin Tax

Ed ora anche la UE si accorge che la Tobin Tax e' una misura di buon senso e non una proposta demagogica di pochi (e cattivi) comunisti. Barroso la da gia' come cosa fatta, putroppo tra il dire ed il fare...
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Come funzionerebbe la TT e che effetti avrebbe?

  • La TT e' una tassa sulle transazioni finanziarie (ancora da definire numericamente, ma non aspettiamoci grandi numeri...1 per mille pare il numero magico), il che vuol dire che ogni volta che si compra o vende titoli (o qualsiasi altro strumento finanziario) sul mercato, si paga una imposta sul valore della transazione. 
  • Come tutte le tasse, la TT genererebbe un flusso di risorse verso i governi. Anche qui, i numeri variano, ma si tratta comunque di un ammontare non indifferente, anche se non in grado, ad esempio, di risolvere i problemi di liquidita' dell'area euro
  • Nel passato si era proposto di usare i proventi della TT per aiutare i paesi in via di sviluppo. Oggi questo appare improbabile, piu' realistico che a livello europeo i fondi vengano trasferiti all'Efsf per cercare di aiutare le economie a rischio default, ma anche questo e' tutto da vedere.
  • Ma l'effetto piu' importante della TT non sarebbe il gettito generato ma il disincentivo verso la speculazione. I capitali che si muovono velocemente, cambiano mano costantemente, giocano su piccolissime differenze di prezzo per generare profitti altissimi. Anche una piccola tassa avrebbe effetti importanti
  • C'e' pero' un piccolo caveat: per essere effettiva, la TT deve essere applicata su tutti i mercati piu' importanti, e quindi soprattutto New York e Londra, dove si concentrano la maggioranza degli scambi mondiali. Ma se i grandi centri finanziari si sottraggono alla TT, questa diventa inutile. Le transazioni non avverebbero piu' a Milano o Parigi, ma solo a Londra e NY. 
Questo ultimo, piccolo dettaglio e' il vero punto della questione. Barroso puo' anche dire che la UE e' d'accordo sulla TT, ma se non si convincono NY e soprattutto Londra, la cosa rimane inutile. Non e' solo un problema di procedure bizantini dell'Unione. Se anche tutta l'Euoropa fosse d'accordo, senza la City, dove avvengono la maggiorparte della transazioni, non si andrebbe da nessuna parte. Ma pare assai improbabile che il governo brittanico decida di penalizzare la sua industria piu' florida...

Monday 26 September 2011

Le ricette sbagliate di Scalfari

Ieri su Repubblica, Scalfari ha illustrato i problemi dell'economia italiana, accusando il governo di incapacita', e su questo indubbiamente non gli si puo' dare torto. Ma le ricette che propone Scalfari sono miopi, acciecate dalla polemica politica e con una prospettiva storica sbagliata che non tiene conto dei problemi di struttura dell'economia italiana - e di quella occidentale - che hanno portato alla crisi stessa, ben al di la' delle colpe di Berlusconi.
Scalfari spiega che il problema dell'Italia e' il debito troppo alto - la soglia di sicurezza, sostiene, sarebbe quota 90, ovvero col rapporto debito/Pil in discesa dal 120% attuale al 90%.
Come fare? Giustamente Scalfari scarta l'ipotesi delle privatizzazioni, che gia' Mucchetti sul Corsera aveva stigmatizzato - in maniera assai piu' convincente. Poi scarta la patrimoniale come impraticabile, sbagliando: la fuga dei capitali che il giornalista teme si puo' contenere (e si puo' arrivare anche ad una sospensione temporanea dei movimenti di capitale, ma comunque i patrimoni immobili, per esempio, non sono esportabili all'estero, Scalfari dovrebbe saperlo).
Ed infine Scalfari cala l'asso: "Del resto non fu questa l'operazione messa in atto da Ciampi ai tempi del suo governo nel 1993 in una situazione economica anche allora molto pesante. L'obiettivo di Ciampi fu quello di far emergere un consistente attivo delle partite correnti al netto degli oneri pagati sul debito. Quest'attivo superò il 5 per cento. Quando obiettivi del genere sono raggiunti il debito pubblico comincia a diminuire e continua in quel ciclo virtuoso suscitando effetti di auto-alimentazione perché la diminuzione graduale del debito ne fa diminuire gli oneri e di conseguenza fa accrescere il saldo attivo delle partite correnti."
In effetti, come vediamo dal grafico sottostante (dati fonte Istat)



Si puo' vedere che nel quinquennio 96-2001 il saldo primario fu in avanzo, con una forte riduzione delle spese e una pressione che tocco' il suo massimo sotto i governi dell'Ulivo (poi ri-raggiunta dall'ultimo governo Berlusconi). Il debito si ridusse dal 120.9% al 108.8%. In 5 anni, dunque una riduzione del 12%, a fronte di sacrifici immani. Non si capisce dunque come Scalfari possa pensare di toccare quota 90, cifra che lui stesso pone come obiettivo per rimettere l'Italia in carreggiata. In un periodo di crescita generale dell'economia mondiale, l'Italia ridusse il debito al ritmo di, circa il 2.4% annuo. In una situazione simile - che non esiste, vista la recessione mondiale - ci vorrebbero circa 13 anni per ridurre il debito del 30%.
Ma il problema non e' solo l'infattibilita' della proposta Scalfari, e' anche una ri-valutazione complessiva dell'operato economico dei governi dell'Ulivo. Il padre di Repubblica li vede come una eta' dell'oro a cui dovremmo rifarci. Ma sbaglia. Le cure da cavallo di Ciampi&C. uccisero l'economia reale italiana, con un paese che cresceva meno di tutti i partner europei e mondiali, a causa di un livello troppo alto di tassazione e a causa delle manovre recessive dell'allora governo Prodi. Manovre recessive non certo replicabili adesso nel bel mezzo della crisi mondiale. Allora quelle finanziarie avrebbero potuto aver senso (eravamo in pieno boom economico..) se le risorse liberate si fossero utilizzate per la crescita. Ma non lo si fece e non si instauro' nessun ciclo virtuoso: l'economia, non crescendo, non generava nuove entrate che sarebbero servite per abbassare il debito senza aumentare la pressione fiscale. Ed il blocco dell'economia italiana risale ad allora, ed ai precedenti governi tecnici Amato-Ciampi-Dini. Che fecero lo stesso sbaglio che oggi replica Scalfari. Concentrarsi solo sui conti dimenticando l'economia reale. Quegli sbagli li paghiamo ancora oggi. Scalfari se ne deva fare una ragione.

Friday 23 September 2011

Troppo poco, troppo tardi

E cosi' la UE ha deciso di aumentare i fondi nella disponibilita' dell'Efsf....
Sicuramente e' una decisione giusta, l'Efsf potra' comprare titoli del debito pubblico dei paesi in difficolta', contentendo lo spread e le tensione speculative sul mercato finanziario.
Al contempo, per l'ennesima volta, la BCE garantira' liquidita' agli istituti di credito in crisi. La situazione per gli istituti di credito sta velocemente diventanto critica, in quanto il loro portafoglio e' troppo esposto verso titoli pubblici a rischio default. Solo negli ultimi giorni la Siemens ha ritirato 500 milioni di euro da una banca francese - Credit Agricole o Societe Generale, il primo passo verso un bank run disastroso; e le 2 stesse banche francesi hanno avuto il rating downgraded, cosi' come diverse banche italiane e greche.
Dunque la UE risponde alla crisi con un aumento di liquidita', per proteggere sia gli stati che le banche. Ma e' una soluzione di brevissimo periodo che nella migliore delle ipotesi rimanda la crisi, ma certo non la risolve. Vediamo perche':

  • Se l'Efsf fosse stato creato lo scorso anno e avesse comprato quantita' massiccie (ma in valore assoluto decisamente modeste) di debito greco, forse si sarebbero tenuti i mercati sotto controllo, si sarebbe evitato l'impennata degli interessi sui titoli greci, irlandesi e portoghesi, ed ora spagnoli ed italiani. Ma si e' voluto intraprendere la strada classica degli aggiustamenti strutturali, i tedeschi urlavano che non volevano pagare per i greci (su questo bisognera' tornare, prima o poi) e che ad Atene dovevano imparare a pagare i loro debiti. Infatti...Ora non c'e' piu' solo la Grecia da salvare.
  • L'Efsf emettera' i suoi bond i cui proventi daranno la liquidita' per comprare sul mercato secondario i titoli dei paesi in difficolta'. Ma in una situazione di crisi, come fara' l'Efsf a raccogliere abbastanza liquidita' per salvare la terza economia dell'area Euro (la nostra)? Emettere troppi bond per acquistare titoli rischiosi portera', inevitabilmente, ad una perdita di fiducia nell'Efsf stesso, che non potra' certo mantenere indefinitamente la tripla A (e ricordiamo che anche la Francia e' gi' a rischio downgrading).
  • Ma soprattutto, il problema del debito e' un problema strutturale in tutti i paesi meditteranei che non sono competitivi dentro una unione monetaria con la Germania e non crescono - e quindi non possono ripagare il debito oggi, e neanche domani. La soluzione che ancora si propone e' l'austerity, quando in realta' ci vorrebbe un massiccio trasferimento di risorse dal nord al sud europa, come in un vero stato federale e non in una unione doganale e monetaria come invece rimane l'Europa. La recessione si combatte con gli investimenti, e non i tagli di bilancio.

L'Europa continua a porre pezze, guadagnare tempo, inventarsi soluzioni di brevissima durata spacciate come miracolose (gia' la creazione dell'Efsf qualche mese fa era stato presentato come the ultimate solution...). Si barcamena creando nuovi strumenti man mano che il mercato la stringe nell'angolo, ma non ha una strategia di largo respiro. Ed il tempo a disposizione sta finendo.

Wednesday 21 September 2011

shock therapy....again????

Dunque..... shock therapy, all over again.
Bob Traa (IMF):
"If you can do it (staff cuts) up front, you get over it much more quickly. Whether society can support that is a different issue. Our experience is that... if you do things gradually that may induce the public getting very tired. Adjustment fatigue is something that happens in every country."
Un bel salto indietro di 20 anni, shock therapy vs gradualism in Russia. Sciocchezze in serie, sempre le stesse. Meglio una sberla ben assestata inizialmente che diluire il dolore negli anni. Infatti in Russia funziono' benissimo... l'avranno studiato al Fondo?
Dal punto di vista politico-sociale, che anche l'IMF abbia dei dubbi sulla sostenibilita' della proposta dice tutto sulla stessa. Macelleria sociale, insopportabile in qualsiasi democrazia.
Dal punto di vista economico le cose sono anche peggiori. La lezione di questa crisi non l'abbiamo ancora capita? L'austerity non funziona, checche' ne dica Alesina.  Anzi, le cose van peggio, la Grecia lo segnala chiaramente. Piu' tagli, piu' recessione, meno tasse, piu' deficit, conti in disordine, ancora tagli e si ricomincia con questo circolo vizioso. D'altronde lo spiegava gia' Stiglitz sempre a prosito della Russia: even long-standing market economies do not get out of deep depressions, where many firms qualify as bankrupt, by forcing large numbers of firms into bankruptcy.
Ed invece, l’idea del Fondo e' licenziare i dipendenti pubblici per ridurre la spesa pubblica. Questi dipendenti non pagheranno tasse, riducendo le entrate fiscali. Ma soprattutto non consumeranno, riducendo la crescita economica e le minori entrate, per esempio, dei commercianti, si trasformeranno in meno tasse pagate dal settore privato e, probabilmente, maggiori licenziamenti.
Senza dover andare indietro di 20 anni, le politiche economiche di Cameron ed Osborne in Inghilterra, con il licenziamento di decine di migliaia di civil servants nella speranza che venissero riassorbiti dal settore privato si sono rivelate basate su nessuna base reale. 
Semplicemente, gli economisti liberali non sono in grado di affrontare questa crisi. All'IMF, in particolare, esiste un problema culturale, l'incapacita' di vedere al di fuori dei propri modelli economici, per quanto sbagliati essi siano. 
Fino ad arrivare al paradosso di continuare a sostenere ricette che vengono quotidianamente smentite dai fatti (e dalla reazione dei mercati, che a Washington dovrebbero imparare ad interpretare meglio). Parafrasando Brecht: il popolo ha chiesto agli economisti di cambiare le decisioni, gli economisti han deciso di cambiare il popolo...



Chicken game

La situazione, drammatica, in Grecia, si riassume benissimo con il cosiddetto chicken game:


Dritto
Volta
Dritto
-10, -10
1, -1
Volta
-1, 1
0,0

La situazione e' quella classica di 2 auto lanciate una contro l'altra in una prova di coraggio, il primo a voltare e' un vigliacco (chicken), e perdera' la faccia davanti all'altro (da cui i pay-off negativi per l'individuo A  nel quadrante 3 e per l'individuo B nel quadrante 2). Se entrambi voltano, si salvano ma se contano entrambi sulla vigliaccheria altrui finiranni per schiantarsi e morire tutti e 2. Un gioco senza strategia dominante con 2 equilibri instabili nei quadranti 2 e 3
Cosa c'entra tutto questo con la Grecia? Fino a questo momento, nelle trattative con l'Europa e l'IMF (A) la Grecia (B) ha sempre fatto il chicken, accettando le condizioni imposte (voltando), senza colpo ferire (equilibrio nel quadrante 2). Evidentemente il rischio di fallimento era considerato peggiore a qualsiasi alternativa. Ora pero', con l'austerity che non funziona e la montante pressione sociale, forse il governo di Atene non e' piu' disposto a subire passivamente e si e' messo a giocare a braccio di ferro con l'Europa.
Similmente, l'Europa fino a questo momento ha imposto le proprie condizioni capestro, ma se i greci smettono di accettarle cosa succede? Succede che le banche francesi finiscono sul lastrico, che l'Italia rischia il contagio ed il default e che, a catena, l'euro sparisce. Mentre Atene fallisce e si ritrova con una situazione sociale vicino alla rivolta. Il classico caso di scontro in cui tutti e due i guidatori muiono.
Ma la matrice dei pay-off non e' necessariamente strutturata come e' stata descritta. Da una parte per la Grecia fare ancora il chicken e' insostenibile e, d'altronde, nemmeno funziona, l'austerity ha fallito ed ora se ne propone di nuova..Per la Grecia il nuovo piano di salvataggio ha lo stesso valore del fallimento. Per l'Europa invece, accettare di salvare la Grecia potrebbe voler dire non perdere la faccia ma ridare credibilita' alla UE. Peccato che a Francoforte e Bruxells non lo capiscano e continuino a giocare una partita gia' persa. Inoltre Atene ora ha il coltello dalla parte del manico. Se prima dell'estate un default greco avrebbe potuto danneggiare soprattutto la penisola ellenica, ora e' invece chiaro che il prezzo per l'Europa sarebbe altissimo, probabilmente piu' alto che per Atene stessa.
Ed allora la nuova matrice dovrebbe essere:


Dritto
Volta
Dritto
-100,-10
1, -10
Volta
-1, 1
100 (0),100

Nel primo quadrante, in caso di default greco tutti perdono, ma l'Europa perde di piu'. Nel secondo, nel caso la Grecia accetti il piano, Atene perde, e l'Europa guadagna tempo fino al prossimo evento creditizio. Nel terzo quadrante l'Europa fa il chicken (perde credibilita') ma salva per il momento la moneta unica - ma un semplice bail out senza nuove regole sarebbe una strategia di corto respito.
Nel quarto quadrante, che e' l'unico equilibrio di Nash della matrice rivista, l'Europa salva la Grecia con una nuova strategia - si fa una unione fiscale che tiene sotto controllo le spese dei paesi meditteranei, si danno garanzie ai mercati con gli eurobond sostenuti da BCE e EFSF, si trova la liquidita' per rilanciare le economie in difficolta'. Pay off massimo, ma non percepito dalle istituzioni europee che sono convinte che il risultato di un cambiamento di strategia sia comunque un atto di vigliaccheria (da cui il payoff apparente 0). La Grecia, invece, perderebbe una parte di sovranita' (come gli altri stati) ma rilancerebbe la sua economia ed uscirebbe dalla crisi.
Forse un po' troppo semplicistico. Ma rende bene l'idea del problema cui si trova davanti l'Europa. O cambia, o muore.


Tuesday 20 September 2011

S&P's ha ragione

D'altronde, si tratta di economia elementare. Il problema del debito non e' il debito in assoluto ma il suo peso relativo rispetto al PIL. Il dato che ci interessa, dunque e' il rapporto Debito/PIL. Ora e' ovvio che la manovra del governo taglia il deficit e dunque riduce, parzialmente la componente debito - non ci saranno nuove spese superiori alle nuove entrate. Questo non basta, pero' a rimettere in ordine la dinamica debito/Pil. Il debito infatti cresce per inerzia, bisogna pagare gli interessi sul debito. Per mantenere il rapporto stabile (a crescita zero), occorre avere un avanzo primario pari agli interessi pagati, che ovviamente non abbiamo. Quindi il debito cresce.
La situazione si potrebbe risolvere solo con una crescita del PIL che, se maggiore di quella del debito ridurrebbe il rapporto tra i 2. Un PIL in crescita vorrebbe anche dire piu' entrate fiscale senza nuovi balzelli, aumentando l'avanzo primario. In buona sostanza, anche un deficit potrebbe essere sostenibile se la crescita fosse superiore all'aumento del debito generato dal deficit.


L'Italia ha scelto invece la via opposta, riduzione del deficit, cioe' controllo del nuovo debito, ma lo ha fatto con una manovra fortemente recessiva (l'aumento dell'Iva, ad esempio, riduce i consumi).
E dunque S&P ha fatto 2+2 e ha rivisto il rating, perche' "riflette la nostra visione di prospettive di crescita indebolita" che "probabilmente limiterà l'efficacia del programma di consolidamento del bilancio in Italia". Tradotto: pareggio di bilancio in 2 anni ma il debito aumenta e la sua crescita non e' pareggiata dalla crescita del PIL. Tasse e balzelli per ritrovarci peggio (in termini di conti) di come stavamo quest'anno. Bel risultato.
Altro che scelta politica di S&P's, altro che colpa dei media. Una manovra fatta di pezze e decisioni estemporanee non poteva che essere bocciata. Si tratta di avere un programma coerente, una strategia per far ripartire la crescita e non per mettere semplicemente a posto i conti nel breve periodo.