Wednesday 28 March 2012

La fine della concertazione....era ora!

La contro-riforma Fornero sul lavoro ha un obiettivo chiaro, e non è certo la riforma dell'art.18, che ha effetti pratici piuttosto limitati. Di sicuro non aiuterà l'occupazione, questo lo può capire chiunque e lo sanno benissimo sia Fornero che Monti.

Molto più importante, per il governo dei tecnici, far passare 2 questioni di principio, che sono nel DNA della destra liberista. Uno è il modello Marchionne, in fabbrica comanda il padrone ed il lavoro è una semplice merce. Che esista un mercato del lavoro, e che quindi il lavoro stesso sia una merce è, ovviamente, una lapalissiana verità. Il problema sono, come sempre, le leggi e le istituzioni che regolano un mercato, ed in questo caso si tolgono protezioni al lavoro e si dà mano libera al capitale.
La seconda questione è legata a doppio filo alla prima, ed è il ruolo dei sindacati. Il modello Thatcher, per così dire. Niente birra e panini, niente tavoli con lunghe discussioni, il governo decide punto e basta. Il sindacato è considerato una corporazione e quindi, quasi automaticamente, un freno alle esigenze del paese. Si cerca dunque di rafforzare i poteri dello stato diminuendo quello delle controparti. Legittimo, anche se suona strano che a farlo sia un governo senza mandato popolare e quindi assai meno rappresentativo di un qualsiasi sindacato, figuriamoci poi della CGIL.

Si tratta, con tutta evidenza, di una manovra concentrica. Sfidare il sindacato mentre lo si indebolisce di fatto nei luoghi di lavoro. Con le nuove regole si cerca di schiacciare la rappresentanza sindacale, se possibile espellendola dalla fabbrica, come a Mirafiori, come a Pomigliano. Quando ci sarà da licenziare, perchè, infatti, non iniziare dai lavoratori sindacalizzati, quelli che scioperano e abbassano la produttività? E un sindacato debole di certo rappresenta un problema minore per un governo che, decidendo senza concertazione, si troverebbe di nuovo ad affrontare il conflitto sociale.

Non tutto il male viene per nuocere, però. Quali sono stati i risultati della concertazione? Per trent'anni ormai il sindacato si è fatto carico dei problemi del paese, dalla moderazione salariale alla politica dei redditi. Si è fatta calare l'inflazione, si è scongiurata la crisi del 92, si è fatto entrare l'Italia nell'Euro. Tutto sulla pelle dei lavoratori, mentre i profitti crescevano e il capitale si impossessava sempre più della ricchezza del paese. Dietro la richiesta di responsabilità e la concertazione, si è in realtà nascosto una gigantesca ridistribuzione del reddito.
Il sindacato, o meglio la CGIL, deve uscire da questa logica. L'art.18, lo statuto dei lavoratori, i miglioramenti salariali son venuti tutti col sindacato che lottava, mentre da quando ci si è cominciati a sedere nei ministeri è cominciata una penosa ritirata. Ora la CGIL è buttata fuori dal tavolo, espulsa dalle fabbriche, i nodi son venuti al pettine, il capitale vuole mano completamente libera. E' ora di uscire dal palazzo e tornare in piazza. Non solo per difendere le conquiste del passato, ma per ricominciare, finalmente, a cambiare in meglio un mondo che sta andando in rovina.

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