Tuesday 31 July 2012

Marchionne, il mercato e il vecchio vizio della FIAT

La scorsa settimana Marchionne ci ha dato una perfetta spiegazione sul perchè la FIAT sia in crisi nera ed in netto calo di vendite. Per un paio d'anni le responsabilità sono state date alla FIOM ed ai lavoratori che non si decidevano a lavorare a ritmi cinesi e salari indiani. Nello stesso periodo, i lavoratori della Volkswageni, a salari molto più alti, prendevano un premi di produzione di 6000 euro.
Si è parlato allora di mercato saturo e crisi generale dall'auto. Ormai non si riesce più a vendere, soprattutto in Europa. Ma Volskwagen negli ultimi 2 anni ha incrementato le vendite.
Ed allora, ovviamente, la colpa, secondo Marchionne, è della Volskwagen, perchè no? L'ad di FIAT ha dottamente spiegato che è la politica dei prezzi agressivi della casa tedesca a distruggere il mercato. Ma Volkswagen non vende sottocosto, gli utili continuano a salire.
E di cosa si lamenta allora, Marchionne? Volskwagen dovrebbe forse fare una politica di prezzi tale da favorire FIAT e la sua scarsa competitività? Dovrebbe tenere i prezzi alti e unirsi alla debacle della casa torinese?
Marchionne che si vanta tanto della sua internazionalità forse non conosce molto bene il significato della parola competizione. In mercati competitivi il tuo avversario abbassa il prezzo al margine per vendere sempre di più. Evidentemente i tedeschi, nonostante paghino salari più alti, sono più efficienti e hanno macchine migliori. Invece Marchionne incarna perfettamente il vecchio vizio italiano e della FIAT, che quando le cose non vanno è sempre colpa di altri e che in fondo sarebbe necessario qualche aiuto extra, se non dallo Stato magari dai concorrenti.
E se invece fosse che Marchionne è un incapace?

Wednesday 25 July 2012

Una tregua olimpica per i mercati

Ai tempi dell'antica Grecia i giochi olimpici erano un momento sacro che portava insieme tutta l'Ellade. Sparta, Atene, Tebe erano tutte insieme per gareggiare e onorare gli Dei e tutte le divisioni e guerre erano temporanemante sospese.
Forse la Grecia ha ancora qualcosa da insegnarci. Tra 2 giorni iniziano le Olimpiadi di Londra che porteranno nella capitale inglese atleti di tutto il mondo che sfileranno insieme nel nuovissimo stadio di Stratford. Ma il mondo non è in pace. L'Europa è scossa dai venti di una guerra nuova ma pur sempre sanguinosa. I mercati hanno distrutto le finanze di Grecia, Spagna, Italia, Portogallo e Irlanda, la disoccupazione sale vertiginosamente, 1 giovane su 2 è senza lavoro, la gente non arriva a fine mese.
Sarebbe bello che almeno per le due settimane dei giochi olimpici questa pazza guerra si fermasse. Aspettarsi che possa succedere volontariamente equivale circa a sperare in un intervento di Zeus dal Monte Olimpo. Ma qualcosa si potrebbe comunque fare. Per esempio vietare in tutto il mondo le vendite allo scoperto, magari insieme ad una tassa olimpica sulle transazioni finanziarie. I governi del mondo uniti contro i nuovi barbari.
Sognare, almeno durante i Giochi, non è vietato.

Tuesday 24 July 2012

Danke mr Euro

I numeri a volte servono più di mille parole. Ed allora vediamo qualche numero, iniziando con il surplus commerciale della Germania negli anni dell'Euro:

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fonte: Sudden Debt

Esattamente in coincidenza con la nascita dell'Euro la Germania ha quadruplicato il suo avanzo commerciale. Bravi loro con le riforme strutturali del governo Schroeder, ma bravo soprattutto l'Euro che ha bloccato la possibilità per le altre economie continentali di svalutare e tenersi competitive. 
Per altro le riforme (leggi: repressione salariale) che hanno reso la Germania così competitiva sono state effettuate in ben altro contesto. Da una parte le economie europee crescevano, assorbendo la capacità produttiva tedesca nonostante una diminuzione dei consumi interna. Dall'altra il governo di Berlino espandeva il suo debito pubblico, infischiandosene dei paramentri di Maastricht:


http://www.economonitor.com/wp-content/uploads/2012/07/Harrison-7-17-12.jpg
Fonte: Ecomonitor

Dal 2000 in avanti la Germania non ha mai rispettato i vincoli comunitari (con l'eccezione del 2007 e del 2011), ma ora ovviamente è inflessibile col debito altrui. In sostanza chiede a Spagna, Italia e Grecia di fare esattamente l'opposto di quello che è stato fatto in Germania, ovvero forzare una deflazine interna senza un internvento anti-ciclico dello Stato e senza il supporto dei propri vicini.
Se guardassero i numeri i tedeschi forse la smetterebbero di fare la morale a tutti e comincerebbero a fare la loro parte.






Thursday 19 July 2012

Il mito dell'austerity baltica

E' ormai qualche mese che tra economisti e policy-makers europei gira una storiella su come l'austerity possa funzionare bene, se implementata nella maniera giusta. I casi riportati sono quelli dei paesi baltici che dopo il 2009 hanno effettuato tagli nell'ordine dell'8-9% del PIL e che l'anno scorso hanno registrato una crescita considerevole, attorno al 6%.
Bravi questi baltici/nordici, mica come i lavativi del meditteraneo, Italia, Grecia e Spagna che tanto si lamentano e non vogliono fare i compiti a casa. Chissà, sarà colpa dei sindacati, di governi non abbastanza seri (ed infatti si richiedono tecnocrati), magari della nostra poca flessibilità, o forse del carattere meditteraneo.
O forse sarebbe bastato studiare un pò di geografia. La posizione e la dimensione contano. I paesi baltici son piccoli, ed i fondi della UE valgono fino al 20% del budget, una bella iniezione di liquidità durante l'austerity. Nessuno prospetta tali sostegni ad economie più grandi...
L'emigrazione, inoltre, ha ridotto le conseguenze sociali dei tagli, tenendo sotto controllo il tasso di disoccupazione - circa il 2% della popolazione ha lasciato la Lituania nel 2011. Pare improbabile che l'economia europea possa assorbire il 2% della popolazione di Italia-Spagna-Grecia...
Infine, i 3 paesi baltici si trovano in una posizione geografica favorevole. L'economia di Russia e Polonia non si è mai fermata e quella dei paesi scandinavi si è ripresa molto meglio dalla crisi. Con economie confinanti che tirano - e si rivalutano in termini reali - è molto più facile far ripartire le esportazioni. Soprattutto con un sistema industriale piccolo e che funziona fondamentalmente da indotto delle grandi industrie dei paesi confinanti.
Tutte caratteristiche che mancano nell'area meditteranea. E nessuna direttamente legata all'austerity. Forse, in circostanze molto particolari e difficilmente ripetibili, si può crescere nonostante l'austerity. Ma certo non grazie a questa.

Wednesday 18 July 2012

Che senso ha prendersela con Moody's?

L'ulteriore declassamento dell'Italia è stato visto quasi come uno scandalo, un delitto di lesa maestà. Ma come, noi mettiamo i tecnici e sospendiamo la democrazia per far piacere ai mercati, ed i guardiani dei suddetti mercati ci castigano?
Francamente però non si capisce perchè non dovrebbe essere così. Almeno Moody's non nasconde la realtà. Lo spread è quasi a quota 500, l'economia in recessione, il debito pubblico in costante aumento. In poche parole, la situazione è assai peggiore di quella della scorsa estate. Non è solo colpa di Monti - la Merkel ci ha messo del suo! - ma è anche colpa di Monti che ha insistito con politiche recessive e riforme che inutili è dir poco.
E' ora di cambiar passo, o sarà troppo tardi.

Thursday 12 July 2012

Spagna: austerity e manganello

Ecco il risultato concreto del vertice europeo. In Spagna, in cambio dei soldi per salvare le banche sono arrivate lacrime e (vero) sangue per i cittadini.
Si inizia con una finanziaria suicida per una economia già in ginocchio come quella iberica. Addio tredicesima e meno ferie per tutti i dipendenti pubblici insieme all'innalzamento dell'IVA - che Rajoy aveva esplicitamente escluso in campagna elettorale: un altro pezzo di democrazia comprato a fior di euro. Occupati solo di far quadrare per qualche mese i conti pubblici, questi liberali da operetta stanno distruggendo il futuro di intere generazioni. L'economia piomberà in una recessione ancora peggiore di quella attuale a causa dei consumi minori che queste misure inevitabilmente porteranno. E neanche si può dire che ci si aspetti un aumento degli investimenti, dato che queste misure non hanno nessuna ripercussione immediata sulla competitività. Quel su cui si  scommette è che i tagli ai salari dei dipendenti pubblici portino ad un (ulteriore) immiserimento della popolazione nel suo complesso, riducendo in seguito gli stipendi anche nel settore privato. Il marxiano esercito industriale di riserva.
Ed intanto, davanti alle proteste, risposta in stile franchista del governo. Botte da orbi, proiettili di gomma, 70 feriti.Con un messaggio esplicito: non tollereremo proteste.
La strategia greca: manganello e povertà. Questo, apparentemente, è il futuro dell'Europa.O almeno della Spagna

Thursday 5 July 2012

Ma Hollande non era contro l'austerity?

Pare invece che si sia già dimenticato delle promesse elettorali. Dopo aver portato a casa dal vertice europeo una vittoria solo di facciata - con il varo di un pacchetto crescita assolutamente inutile - appena rientrato in Francia ha lanciatoun segnale ammiccante ai mercati.
Come riportato dal WSJ, a fronte di una crescita minore delle aspettative, il governo francese risponderà con tasse più alte e tagli di spesa pubblica - austerity appunto. Evidentemente i francesi, nonostante gli infiniti esempi di questi anni, non hanno ancora capito che l'austerity non fa altro che rallentare la crescita.
Ma tant'è. In fondo era lecito aspettarselo se si tiene a mente il record dei socialisti europei. Da Blair a Schroeder hanno portato il neo-liberismo al suo apice. Degli italiani meglio neanche parlare. Ed i socialisiti francesi son quelli che hanno lanciato la liberalizzazione finanziaria in Europa già ai tempi di Mitterand e Delors.
Questi socialisti non hanno ancora capito che è venuta ora di cambiare pagina. Già alle ultime elezioni presidenziali il risultato di Hollande al primo turno non era certo stato fantastico, con Front National e Gauche in decisa crescita. Cioè con un numero sempre maggiore di francesi stanchi del neo-liberismo. Purtroppo il messaggio non sembra esser stato recepito.

Wednesday 4 July 2012

Gli inutili summit europei

Da due anni a questa parte, ogni summit europeo è stato un grande successo. Decisioni storiche sono state prese per salvare il Continente dalla crisi finanziaria. Siamo ormai sulla strada buona. Peccato che in questi due anni la crisi sia peggiorata, il contagio dilagato e l'Europa sia sempre più nella bufera.
L'ultimo summit, una volta di più descritto in termini entusiastici da giornali assai poco obiettivi, non è stato differente da altri. Tanto fumo, poco arrosto.
Qualche risultato positivo c'è stato ma farà assai poca differenza.
Il primo punto riguarda le banche - diciamo quindi il problema principale di Madrid. I governi europei si sono resi conto che affondare la Spagna per salvare le sue banche (alla moda dell'Irlanda) è stata una operazione poco furba e quindi ora (no, anzi, non ora, a fine anno), nel caso di banche in difficoltà si ricorrerà all'EFSF. Salvo che il fondo non ha abbastanza munizioni nella sua pancia e che se qualcosa succederà prima di Dicembre - eventualità più che probabile - ci troveremo di nuovo in braghe di tela. In cambio del salvataggio delle banche, la loro supervisione passerà nelle mani della BCE (al momento sono ancora sotto il controllo delle banche centrali nazionali) che potrà imporre qualche forma di condizionalità alle banche. Che forma, però, non è dato saperlo ed è quindi difficile per ora farsi illusioni: per ora si continua a dare, a gratis, contante alle banche.
Il secondo punto riguarda invece gli stati ed il debito pubblico - il problema principale dell'Italia. L'EFSF finalmente, potrà comprare bond dei paesi in difficoltà sul mercato secondario per tenere i tassi di interesse sotto controllo - per altro era stato creato esattamente per questo scopo due anni fa. Peccato però che nuovamente bisognerà dotare il fondo di ingenti capitali e queste iniezioni di liquidità (al momento mancante) debbano essere votate di volta in volta dal Bundestag. Altro che Europa, la sovranità tedesca rimane intoccabile, con risultati facilmente immaginabili.
In realtà se il fondo di 700 milardi non verrà modificato, dando la possibilità all'EFSF di prendere soldi a prestito direttamente dalla BCE, la dotazione del fondo prima o poi finirà.
Non solo: durante il vertice si sono messi a punto dei sistemi di salvataggio (per le banche ed in maniera molto minore per gli stati) ma non si è intervenuti sui problemi concreti, la struttura delle banche, i problemi di competitività del sud Europa, la dinamina del debito e della crescita. Si è dato un mini contentino ad Hollande con un piano di investimenti che non avrà nessun effetto concreto. In sostenza non si è fatto nulla per ridurre i problemi di fondo dell'Unione Monetaria e mentre si è trasformata la BCE in supervisor generale ancora non le si vuole riconoscere il ruolo di prestatore di ultima istanza. I problemi, dunque, rimangono ancora tutti sul tavolo.
La solita pezza su un buco che si allarga sempre più.

Tuesday 3 July 2012

Banche, banche, sempre banche...

Appena poche settimane fa il mondo della finanza era stato scosso dal caso JP Morgan, con incredibili rischi e gigantesche perdite sofferte da quella banca da molti considerata quella meglio uscita dalla crisi del 2007.
Ora si cambia sponda dell'Atlantico, ma è sempre una grande banca ad essere nel mirino, Barclays questa volta. Qui non si tratta di investimenti rischiosi ma di frode vera e propria, con i tassi di interesse artificialmente riportati più bassi di quelli che erano per rafforzare la posizione della banca. 
Multa da quasi 300 milioni di pound, dimissioni del chairman ed ora anche del CEO, Bob Diamond, quello che solo poco tempo fa davanti ad una commissione parlamentare si era permesso di dire che "il tempo del rimorso per le banche era finito". Per inciso anche il CEO di JP Morgan si era distinto per le sue dichiarazioni pubbliche contro la riforma del settore finanziario, bollata come inutile. Neanche zitti sanno stare, i nostri eroi. E una qual certa giustizia divina si è abbattuta sulla loro testa.

Ma lo scandalo dei tassi di interesse va ben oltre Bob Diamond e Barclays e rischia di far saltare per aria la City. Una sorta di ripetizione del caso NewsCorp applicato alla finanza. Per prima cosa investe direttamente la cultura prevalente nel settore finanziario, popolato di squali senza scrupoli e senza rispetto per le regole. Per anni questi "master of the universe" sono stati considerati degli intoccabili. Non solo: si è sostenuto che la loro avidità fosse positiva, che più le banche facevano profitti - by any means necessary - più la società ne avrebbe tratto giovamento. Infatti. E la crisi finanziaria non ha cambiato in nulla questa cultura.

Quel che appare con evidenza in queste ore, però, è che il problema non è confinato alle banche private. I regolatori, la Banca d'Inghilterra, sembrano invischiati fino al collo - d'altronde sembra poco credibile che nessuno si fosse accorto di questi maneggi quando una inchiesta era stata aperta negli Stati Uniti già qualche anno fa. Ma anche i palazzi della politica tremano, e si sospetta fortemente che alcune personalità importanti del vecchio governo Labour possano essere invischiate nello scandalo. Dietro la frode bancaria potrebbe esserci stata una precisa volontà politica, chiudere un occhio se non addirittura incoraggiare frodi e comportamenti opachi per salvare le banche. 

Una nuova prova, se ancora ce ne fosse bisogno, dell'esistenza di una superclasse di politici, businessmen, grandi burocrati e banchieri che decidono le sorti del mondo senza sottostare a nessuna vera procedura democratica. E' il capitalismo al tempo della finanza